I documenti concernenti il giudizio di idoneità alla mansione sono atti pubblici, la cui falsificazione è penalmente rilevante

Cassazione, sez. V pen. 01.07.2021, n. 25271 (ud. 15.03.2021)

(rif. norm: art. 41 d.lgs n.81/2008; artt. 476-482 cod.pen.)

L’art. 41, co. 2, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in tema di sorveglianza sanitaria prevede l’effettuazione di una serie di visite mediche finalizzate ad accertare l’idoneità dei lavoratori allo svolgimento della mansione specifica cui sono destinati. Sempre la medesima norma, inoltre, statuisce espressamente: “Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro” (art. 42, co. 6 e 6 bis). Orbene, non vi è dubbio che, potendo, i documenti contenenti il giudizio di idoneità alla mansione, redatto obbligatoriamente in forma scritta ai sensi dell’art. 41, comma 6-bis, T.U.S.L., entrare a pieno titolo all’interno di un procedimento amministrativo definito dal citato d.lgs.81/08, quale il ricorso avverso il giudizio di idoneità di cui all’art.41, c. 9, del medesimo testo unico, essi vanno considerati sin dalla loro formazione come documenti di fede pubblica. Tale procedimento, giova evidenziare, si concretizza nel ricorso, da parte del lavoratore o del datore di lavoro, all’ organo di vigilanza, per ottenere la rivalutazione del giudizio di idoneità. L’organo di vigilanza (del Servizio Sanitario Nazionale, ove la normativa non disponga diversamente) è l’autorità responsabile del procedimento e dell’emissione del relativo provvedimento di conferma, modifica o revoca. Ed invero, secondo l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, rientrano nella nozione di atto pubblico rilevante ai fini dell’integrazione dei reati in materia di falsità in atti, anche gli atti cosiddetti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale – conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. Pertanto, la falsa formazione mediante fotocopie di atti del genere siffatto integra il delitto di falsità materiale in atti pubblici.

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