Il d. lgs. n. 81/2008 si applica alle associazioni sportive dilettantistiche?

In via preliminare si osserva che, alla luce della ampia definizione normativa di lavoratore e di datore di lavoro dettata dal T.U. all’articolo 2, comma 1, lett. a) e b), nonché del campo di applicazione di cui all’articolo 3, comma 1, che ricomprende tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, il mondo del non profit in generale e, pertanto, anche le associazioni o società sportive dilettantistiche, rientrano nel campo di applicazione del decreto in esame.

Infatti, il lavoratore è “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge una attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere un’arte o una professione…”, mentre la definizione di datore di lavoro è ormai svincolata dalla titolarità della responsabilità dell’impresa, e deriva invece, più in generale, dalla responsabilità dell’organizzazione delle prestazioni lavorative o alle stesse equiparate.

Bisogna ulteriormente rilevare che le prestazioni lavorative rese nell’ambito delle suddette associazioni non sono oggetto di una disciplina particolare nei commi successivi del citato articolo 3, come invece avviene per altre categorie di prestazioni lavorative o tipologie di lavoratori, fra i quali, per esempio, i lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile (comma 7), i lavoratori autonomi (comma 11), i volontari di cui alla legge 266 del 1991 (comma 12 bis).

Stante quanto sopra, per risolvere correttamente il quesito proposto, occorre stabilire se, in mancanza di una espressa limitazione operata dal legislatore, le norme del d.lgs. n. 81/2008 siano applicabili integralmente nell’ambito delle suddette associazioni ovvero se dalle norme che disciplinano le stesse – legge 16 dicembre 1991, n. 398 “Disposizioni relative alle associazioni sportive dilettantistiche”, l’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, oltre che da disposizioni di carattere fiscale e previdenziale – possano discendere indirettamente alcune limitazioni alla integrale applicazione delle stesse.

La principale fonte normativa che regolamenta le ASD è il citato articolo 90 della legge n. 289/2002, che, nell’estendere le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 298 e s.m. e le altre disposizioni tributarie riguardanti le ASD anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fini di lucro, disciplina, al comma 17, alcuni aspetti relativi alla loro costituzione nonché al contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto. In particolare dispone l’indicazione, nella denominazione sociale, della finalità sportiva e della ragione o la denominazione sociale dilettantistica e prevede che le stesse possono assumere le seguenti forme: a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile; b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361; c) società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono finalità di lucro.

Ai sensi del successivo comma 18, sono individuati i principi generali in materia di contenuti dello statuto e dell’atto costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, fra i quali l’assenza del fine di lucro, il rispetto del principio di democrazia interna, la gratuità degli incarichi degli amministratori.

Per quanto riguarda il profilo tributario, va rilevata l’inclusione fra i redditi diversi ad opera dell’art. 67, comma 1, lett. m) del Testo Unico del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), delle “ indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle federazioni sportive nazionali, ….dagli enti di promozioni sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che sia da essi riconosciuto”, ai quali sono stati equiparati, con le modifiche apportate a tale testo normativo, dal comma 3 del citato art. 90 della L. n. 89/2006, quelli derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società o di associazioni sportive dilettantistiche.

Dalla disciplina normativa sopra sommariamente richiamata risulta che l’ordinamento non detta un particolare regime giuridico per le prestazioni lavorative rese nell’ambito degli enti in questione, se non sotto l’aspetto tributario, ove, in considerazione delle finalità ritenute particolarmente degne di tutela di promozione e tutela dello sport, estende alle stesse il regime di agevolazioni previste per le prestazioni rese in favore degli organismi di promozione sociale, subordinando il conseguimento di tali benefici al possesso dei requisiti di cui sopra, attestanti l’effettivo perseguimento di quei fini. La normativa applicabile nel caso di prestazioni lavorative è quindi quella di diritto comune e va individuata, pertanto, nelle disposizioni che regolano in generale la materia, salvo disposizioni speciali espressamente previste.

Tanto premesso, può concludersi che, nel caso in cui gli enti in questione abbiano dipendenti o sportivi professionisti dipendenti, è pacifica l’applicazione delle norme generali a tutela della salute e sicurezza sul lavoro, mentre, in base al tenore letterale del combinato disposto degli artt. 61 del citato D.Lgs. n. 276/2003 e 3, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2008, è prevista una deroga alla generale applicabilità delle stesse nel caso di lavoratori con contratto di lavoro a progetto.

Infatti il citato art. 3 comma 7, nel prevedere l’applicabilità delle norme antinfortunistiche ai lavoratori a progetto rimanda per la definizione degli stessi, all’art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003, che espressamente esclude dal campo di applicazione della disciplina relativa ai lavoratori a progetto, fra gli altri, “i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche (..) come individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”, salva comunque l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore.

Per tali lavoratori si esclude, altresì, l’equiparazione ai volontari di cui alla legge 266 del 1991, per i quali è previsto uno speciale regime dal comma 12 bis dell’art. 3, del D.Lgs. n. 81/2008, equiparazione possibile unicamente se la associazione rientra, in base allo statuto e all’atto costituivo, fra quelle di volontariato di cui alla citata legge. Si può infatti ritenere che la già citata classificazione dei compensi percepiti per le prestazioni rese in tale ambito fra i redditi diversi ad opera dell’art. 67, comma 1, lett. m) del Testo Unico del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), come redditi diversi da quelli lavorativi operi unicamente a fini fiscali, dal momento che gli stessi si sostanziano in compensi dovuti a prestazioni lavorative, a meno che, come già esposto, non sia provata la natura volontaria della prestazione nel senso sopra specificato.

Ciò è ulteriormente suffragato dalla equiparazione, pure sopra citata, a tali redditi di quelli derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società o di associazioni sportive dilettantistiche.
Stante quanto sopra, si ritiene che il regime applicabile nei casi suddetti in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia quello previsto per i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 409 del codice di procedura civile anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 276/2003, e cioè quello previsto per i lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del codice civile, per i quali l’art. 3, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone l’applicazione degli articoli 21 e 26 del medesimo testo normativo.

Al riguardo appare comunque opportuno puntualizzare come si applichino, in materia, i principi generali di cui agli articoli 2043 e 2051 c.c., che impongono al responsabile dell’impianto o dell’associazione sportiva dilettantistica che di esso abbia la disponibilità – da individuare secondo la normativa di settore che regola la materia – di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell’ambito delle attività di riferimento della associazione sportiva dilettantistica e che, pertanto ne sanciscono la responsabilità secondo i principi comuni della responsabilità civile e penale nel caso di danni causati a terzi da cose in disponibilità.

Occorre, in ogni caso, sottolineare la competenza legislativa concorrente attribuita dall’art. 117 della Costituzione alle Regioni in materia di ordinamento sportivo, tutela della salute, tutela e sicurezza del lavoro. Pertanto, occorrerà tenere presente anche le normative regionali eventualmente emanate in materia.

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