Il datore di lavoro è responsabile di una prassi aziendale illecita solo se ne è a conoscenza

Cassazione, sez. IV pen., 15 maggio 2019 (ud. 3.4.19) n. 20833

(rif. norm.: artt. 2-18- 71 d.lgs. n.81/2008; art. 43 cod. pen.)

Il datore di lavoro é, bensì, responsabile del mancato intervento finalizzato ad assicurare l’utilizzo in sicurezza di macchinari e apparecchiature provvisti di dispositivi di protezione e, in tal senso, del fatto di non esigere che tali dispositivi non vengano rimossi, ma, nel caso di infortuni derivanti dalla rimozione delle protezioni a corredo dei macchinari, anche laddove tale rimozione si innesti in prassi aziendali diffuse o ricorrenti, non si può ascrivere tale condotta omissiva al datore di lavoro laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali prassi, o che le avesse colposamente ignorate. Tale certezza può, in alcuni casi, inferirsi sul piano logico (ad esempio qualora la rimozione dei dispositivi di protezione sia univocamente frutto di una precisa scelta aziendale chiaramente finalizzata a una maggiore produttività); ma quando non vi siano elementi di natura logica per dedurre la conoscenza o la certa conoscibilità di prassi aziendali incaute da parte del titolare della posizione di garanzia datoriale, é necessaria l’acquisizione di elementi probatori certi ed oggettivi che attestino tale conoscenza/conoscibilità. Diversamente opinando, si porrebbe in capo al datore di lavoro una responsabilità penale “di posizione” tale da eludere l’accertamento della prevedibilità dell’evento – imprescindibile nell’ambito dei reati colposi – e da sconfinare, in modo inaccettabile, nella responsabilità oggettiva.

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