La mera esistenza di postazioni di lavoro in quota impone la previa adozione delle misure di sicurezza
Cassazione, sez. IV pen., 01.06.2021, n. 21517 (ud. 09.02.2021)
(rif.norm: artt. 107-111-122 d.lgs n.81/2008)
L’esistenza di postazioni di lavoro in quota impone la previa adozione delle misure prescritte e la permanenza delle medesime sino a quando le lavorazioni non siano cessate. Le norme non delineano una definizione del rischio come ‘rischio di caduta del solo lavoratore occupato nel lavoro e solo durante il suo svolgimento’. Ben diversamente, il rischio considerato è quello determinato dalla mera allocazione di postazioni di lavoro ad una quota tale da rendere la caduta pericolosa per l’uomo. Basti considerare che l’art. 122 menzione il pericolo di caduta di ‘persone e di cose’, senza specificazioni che facciano riferimento alla qualità di lavoratore, ad un particolare tempo, o a una fase della lavorazione. La circostanza che il lavoratore poi infortunatosi si trovasse in quota per ragioni non inerenti lo svolgimento del lavoro da compiersi sul posto non si riflette quindi sulla sussistenza dell’obbligo cautelare ma sulla valenza della medesima quale causa da sola sufficiente a cagionare l’evento tipico. Vengono in rilievo la previsione dell’art. 107 d.lgs. n. 81/2008 (secondo la quale è lavoro in quota l’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto ad un piano stabile), quella dell’art. 111, co. 1 lett. a), che impegna il datore di lavoro a preferire misure di protezione collettiva alle misure di protezione individuale ogni volta che sia possibile, e quella dell’art. 122, che specifica la natura di tali misure indicandole in impalcature, ponteggi o altre analoghe opere provvisionali.
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