L'obbligo formativo dei lavoratori rileva a prescindere dal contenuto dell'accordo stato regioni

Si contestava ad un datore di lavoro di non avere provveduto ad assicurare che ciascun lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, con particolare riferimento ai rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.

Sosteneva invece il datore di lavoro  che la contestazione elevatagli, relativa all’inosservanza dell’obbligo formativo di cui all’art.37, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008, sanzionato dall'art. 55, comma 5, lettera c), non poteva ritenersi fondata, in quanto le norme citate rappresenterebbero, nel loro insieme, una norma penale in bianco, nel senso che la sanzione troverebbe corpo esclusivamente in una norma secondaria, individuata nell’accordo da definirsi in sede di conferenza permanente Stato – Regioni.  Conseguentemente tale accordo, a contenuto normativo, avrebbe una portata generale ed astratta, tale da concorrere a definire la norma penale "in bianco"; solo con riferimento al contenuto dell’accordo, che deve definire tutti gli aspetti di carattere tecnico e specifico necessari ad integrare con sicurezza il precetto, potrebbe dunque configurarsi la violazione ed applicarsi la sanzione.

La Corte di Cassazione, definendo il giudizio (sez. III, 27 gennaio 2017 – ud. 23 novembre 2016 – n.3898, ric. Colleoni) non ha ritenuto fondato l’assunto del ricorrente, osservando, in primo luogo, che le fattispecie di reato che configurano gli illeciti in materia di inosservanza degli obblighi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori non possono rientrare tout court nella categoria delle norme penali in bianco (salvo che si ritenga, secondo un indirizzo dottrinale, norma penale in bianco l'art. 55, comma 5, lettera c), d.lgs. n. 81 del 2008, contenente la sola sanzione in relazione al rinvio di cui agli articoli 36 e 37 contenenti invece il relativo precetto) e, in secondo luogo, che l'Accordo, al quale si riferisce l'articolo 37, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008, non costituisce un atto normativo extrapenale integrativo del precetto.

Invero il testo unico n. 81 del 2008 ha carattere innovativo/compilativo, nel senso che, in conformità alla legge delega, poteva introdurre nuove norme giuridiche, perseguendo, al tempo stesso, lo scopo di procedere al riassetto e alla riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Ne consegue – secondo la Corte – che l'abrogazione di interi testi di legge (come il decreto legislativo n. 626 del 1994 per effetto dell'art. 304 del d.lgs. n. 81 del 2008) si spiega nel senso che è stata anche assicurata, attraverso il trasferimento delle relative disposizioni, una continuità normativa tra la legislazione previgente e la nuova.

Infatti, l'art. 22 del decreto legislativo n. 626 del 1994 – oltre a disporre, tra l'altro, che fosse erogata ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute e a prevedere che la formazione dovesse essere reiterata e fornita in occasione di eventi particolari – stabiliva che i ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, potessero stabilire i contenuti minimi della    formazione dei lavoratori, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.

Fu varato quindi il decreto ministeriale 16 gennaio 1997, che individuava i contenuti minimi  della formazione dei lavoratori, prevedendo  (articolo 4)   che

fosse rilasciata l'attestazione dell'avvenuta formazione ,con onere di conservazione della stessa da parte del datore di lavoro.

Allo stesso modo, l'articolo 37 del d.lgs. n. 81/2008,  dopo aver tipizzato, al comma 1, il fatto di reato, sanzionato dal successivo art. 55 – nel senso che la condotta vietata consiste nel non assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza, nonché con riferimento a rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda – ha previsto, al secondo comma, che la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione siano definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano da adottare, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008.

Ha però osservato la Corte, nella sentenza citata, che la previsione del secondo comma dell'articolo 37 d.lgs. n. 81 del 2008 non si presta ad essere interpretata come funzionale ad integrare il precetto penale, da ritenersi già pienamente precisato dal primo comma, quanto piuttosto a richiedere che, attraverso l'attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato – Regioni e Province autonome, con la collaborazione delle parti sociali (datoriali e sindacali) e quindi con il coinvolgimento di tutte le componenti interessate, fossero determinati gli standard minimi ed uniformi su tutto il territorio nazionale della formazione dei lavoratori e degli altri soggetti qualificati, indicati dal d.lgs. n. 81 del 2008. In ciò si risolve dunque, di regola, la natura giuridica degli accordi in sede di conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ossia in intese dirette a favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e quella delle Regioni e Province Autonome, costituendo la "sede privilegiata" della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali.

La ragione di precostituire modelli di formazione, uniformi sull'intero territorio nazionale, fonda sulla medesima ratio che informava l'articolo 22 d.lgs. n. 626 del 1994, il quale perseguiva la medesima finalità attraverso il raggiungimento di intese interministeriali che stabilissero i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.

La funzione di tali "intese" è dunque quella di assicurare un livello minimo di affidabilità della formazione in maniera da salvaguardare in concreto la sicurezza nei luoghi di lavoro con una presunzione di adeguatezza e sufficienza dell'offerta formativa in tal modo garantita, cosicché il datore di lavoro che abbia impartito una formazione secondo le linee tracciate dal decreto ministeriale, prima, e dall'accordo, poi, può ritenersi esonerato, salvo prova contraria, da qualsiasi responsabilità al riguardo.

L'Accordo, di cui al secondo comma dell'art. 37, svolge pertanto una funzione meramente processuale, riservata al piano probatorio, fermo restando che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, non rileva la mera ottemperanza di obblighi formali, incombendo sui titolari di una posizione di garanzia, a tutela dell'incolumità dei lavoratori, di impedire, purché il garante abbia i necessari poteri d'intervento, qualsiasi evento lesivo in concreto verificatosi.

La Corte puntualizza poi che gli obblighi informativi e formativi non si esauriscono nell'informazione e nell'addestramento, in merito ai rischi derivanti dalle mansioni esercitate dal lavoratore, e dunque non sono relegati ad una fase meramente statica del rapporto di lavoro, ma implicano che si tenga conto, per espressa previsione normativa, della fase dinamica del rapporto e perciò anche dei rischi derivanti dalla diretta esecuzione delle operazioni di lavoro.

Del resto la tesi  secondo la quale l'Accordo costituirebbe la normativa (secondaria) extrapenale integratrice del precetto, tale da sterilizzare il precetto stesso sino alla entrata in vigore della stipulazione, è ampiamente smentita dall'Accordo stesso, che, all'allegato A punto 10, che detta le norme transitorie, precisa che "In fase di prima applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui ai punti 4, 5 e 6 i lavoratori, i dirigenti e i preposti che abbiano frequentato — entro e non oltre dodici mesi dalla entrata in vigore del presente accordo — corsi di formazione formalmente e documentalmente approvati alla data di entrata in vigore del presente accordo, rispettosi delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi". Ciò conferma la preesistenza di una disciplina sostanzialmente sovrapponibile nella ratio a quella varata con il secondo comma dell'art. 37, ma soprattutto rende chiara l'autosufficienza del precetto penale in materia di repressione dell'inosservanza degli obblighi informativi e formativi rispetto a fonti extrapenali, con la conseguenza che la norma penale precettiva non aveva e non ha alcuna necessità di essere integrata ab externo.

La Corte si fa anche carico di controbattere alle critiche che, sotto il profilo della precisione e determinatezza della fattispecie, possono muoversi nei confronti della formulazione della norma incriminatrice, laddove sono utilizzati i concetti della sufficienza e dell'adeguatezza.

Osservano dunque i giudici che le note descrittive dell'illecito non si risolvono nei soli concetti di adeguatezza e/o sufficienza dell'informazione o della formazione, ma tanto la prima (informazione che deve essere adeguata) quanto la seconda (formazione che deve essere adeguata e sufficiente) sono parametrate rispetto a una serie di indici precisi e dettagliatamente descritti, di settori, di eventi pericolosi, di rischi derivanti dall'espletamento dell'attività lavorativa da parte del lavoratore stesso o di altri lavoratori, in maniera che, essendo l'apparato normativo finalizzato a prevenire gli infortuni nell'espletamento del lavoro, la legge penale consente di distinguere chiaramente la sfera del lecito da quella dell'illecito, ponendo un'indicazione normativa che, attraverso l'impiego di termini intellegibili e precisi, consente di orientare la condotta dei destinatari. La formulazione di Accordi istituzionali, finalizzati a realizzare linee guida da seguire quanto a durata, contenuti minimi e modalità della formazione, orienta i destinatari degli obblighi legali, in quanto l’esatta osservanza degli accordi rende, sulla base di una presunzione iuris tantum, conforme a diritto l'offerta e l'obbligo formativo a carico del datore di lavoro.

 

 

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