Macchinario non conforme alle prescrizioni di sicurezza: la condotta imprudente del lavoratore non esclude la responsabilita’ del costruttore
L’amministratore e legale rappresentante della ditta che aveva costruito e immesso sul mercato una macchina automatica tipo “spazzolatrice-rivoltaforme”, risultata non conforme alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, era giudicato responsabile dell’infortunio mortale occorso ad un lavoratore della società alla quale la macchina era stata venduta e che l’aveva utilizzata per la propria attività. Si era accertato invero che la macchina mancava di dispositivi di protezione o comunque presentava un impianto relativo ai dispositivi di sicurezza non conforme alla normativa CEE e UNION in materia dì direttiva macchine. In particolare, i sistemi di arresto di emergenza erano stati costruiti in maniera da non consentire il blocco della movimentazione della macchina in caso di emergenza.
Era in sostanza accaduto che quando il lavoratore alla guida del macchinario aveva predisposto e configurato la macchina per lavorare le forme di formaggio posizionate in alto sulle scaffalature, regolati i pantografi (distanziatori meccanici) rispetto alla guida fissata alla base della scaffalatura aveva impartito il comando di start in modalità automatica. Le due pinze della macchina che si trovavano in corrispondenza della prima colonna di forme di formaggio (a inizio corsia) posizionate in maniera verticale in corrispondenza dell’ultimo e terzultimo scaffale, non riuscivano a serrare in maniera efficace le forme di grana, tanto che dopo alcuni tentativi di presa scattava l’allarme, la macchina andava in blocco e con elevata probabilità veniva riavviata con il comando manuale che determinava l’apertura delle pinze. Altro lavoratore, che si trovava ai piedi del macchinario, si avvicinava per verificare quanto stava accadendo e veniva investito alla testa da una forma di grana che precipitava dalla scaffalatura in corrispondenza delle pinze.
Il caso in questione, definito dalla sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 16 dicembre 2020, n. 35945, ha dato modo alla Corte di puntualizzare alcuni principi in materia di responsabilità per la costruzione di macchinari non conformi alle prescrizioni di sicurezza che è bene richiamare e ribadire, stante la frequenza con cui, purtroppo, accade di riscontrare l’impiego di macchine di tal fatta.
Il primo principio da ribadire è quello per cui, pur in presenza di manovre errate del lavoratore, la carenza del macchinario sotto il profilo della sicurezza costituisce un dato ineludibile per affermare la responsabilità del costruttore rispetto all’infortunio occorso. Nella specie, l’incidente era stato provocato contemporaneamente dall’errata manovra e dalla mancata ritrazione delle pinze che urtavano le forme. Era infatti certo che la persona offesa aveva errato nell’effettuare il posizionamento della macchina, intervenendo, dopo che era andata in blocco, direttamente sui pantografi per regolarli e muovendo poi manualmente la macchina per ricollocarla alla giusta distanza, anziché ritirare le pinze, smontare la parte terminale del binario, far sfilare la macchina, effettuare la regolazione sui pantografi e quindi rimontare il binario e ricollocare la macchina davanti allo scaffale riattivando la modalità automatica. Tuttavia il dato giuridicamente rilevante era quello per cui se, una volta andata in blocco, la macchina avesse avuto un dispositivo in grado di spostarla manualmente o comunque, prima che la si potesse spostare, di provocare automaticamente la ritrazione delle pinze e l’abbassamento del carro superiore, onde evitare che potessero verificarsi accidentali urti contro forme del peso di 40 kg poste a notevoli altezze da terra, non vi sarebbe stato alcun urto con le forme dell’ultimo scaffale e l’altro lavoratore, tra l’altro padre di colui che aveva compiuto la manovra errata, non sarebbe stato colpito da una di esse.
Si era accertato che la macchina aveva ben 32 diversi tipi di allarme (il che rendeva anzitutto necessario individuare il tipo di problematica che l’allarme segnalava per poter azionare il corretto comando di sicurezza) e che nel manuale di istruzioni non era espressamente previsto l’inconveniente verificatosi nel caso concreto (e cioè la mancata presa della forma da parte delle pinze non correttamente distanziate dallo scaffale) né, conseguentemente, quale fosse la corretta procedura di intervento. Né d’altra parte – ha sottolineato la Corte – era imprevedibile che l’operatore, sebbene a conoscenza della corretta procedura, per leggerezza dovuta a eccessiva confidenza o per dimenticanza o anche per ragioni di tempo, omettesse di azionare il comando “indietro pinza” ed effettuasse invece lo spostamento manuale dell’intera macchina con le pinze non retratte.
Altro principio di carattere generale ribadito è quello per cui la circostanza che la persona offesa fosse anche il titolare dell’azienda al cui interno era avvenuto l’infortunio era un rilievo del tutto ininfluente, in quanto il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione e fornitura di una macchina priva dei necessari requisiti di sicurezza indipendentemente dal soggetto che la utilizza; invero, il divieto di fabbricazione e vendita fissato dalla norma è di carattere generale e assoluto, in quanto collegato al divieto di utilizzo di un macchinario non a norma. A tale riguardo la Corte ha riaffermato che “l’imprenditore costruttore che costruisca una macchina industriale priva. dei dispositivi di sicurezza [ … ] non può invocare il principio dell’affidamento qualora l’acquirente utilizzi la macchina ponendo in essere una condotta imprudente, in quanto tale condotta sarebbe stata innocua o, comunque, avrebbe avuto conseguenze di ben diverso spessore, qualora la macchina fosse stata dotata dei presidi antinfortunistici” (così Cass., Sez. 4, n. 41985/ 2003) .
Per altro verso, è stata, nel caso in questione, esclusa l’abnormità del comportamento del lavoratore, non essendo estranea la condotta di questi alla mansione che stava svolgendo. Non risultava assolutamente illogico che egli avesse deciso di intervenire manualmente, posto che si era accertato in giudizio che in caso di blocco la procedura corretta prevedeva il riposizionamento della macchina proprio attraverso una apposita procedura.
E corretto è stato anche escludere che il lavoratore avesse operato in maniera così stravagante da risultare del tutto imprevedibile, apparendo al contrario facilmente ipotizzabile che l’operatore potesse tentare di sistemare le distanze operando direttamente sui pantografi senza porre in essere la complessa procedura astrattamente prevista (arretramento manuale delle pinze, sfilamento della macchina dal binario mediante lo smontaggio dell’ultima parte dì esso, nuova calibratura dei pantografi, rimontaggio del binario, riposizionamento della macchina, riazionamento delle pinze), favorito dal fatto che la macchina poteva essere agevolmente spostata e riposizionata operando manualmente col timone.
Nessuna delle condotte colpose dell’operaio escludeva dunque la sussistenza del nesso causale fra la colpa dell’imputato per aver fornito una macchina non sicura (in violazione dell’art. 23 del d.lgs. 81/2008 e della direttiva macchine 2006/42/CE in materia di movimentazione, arresto di emergenza, sicurezza dei sistemi di comando) e l’evento mortale. I giudici coerentemente hanno richiamato anche il dictumdella sentenza della Cassazione, Sez. 4 n. 37060/2008 per ricordareche la presenza di certificati di conformità o di marcatura CE sulla macchina non esclude la responsabilità del costruttore, in quanto il marchio CE ha natura autocertificatoria, tanto che la sua presenza non esonera da responsabilità nemmeno chi acquista e utilizza un macchinario marcato CE.
La Corte ha, infine, evidenziato che la circostanza per cui la vittima era il titolare dell’azienda che utilizzava il macchinario non lo poneva in una posizione diversa, quanto all’utilizzo del macchinario, rispetto a quella di qualsiasi altro lavoratore. Infatti le disposizioni antinfortunistiche hanno lo scopo di tutelare il lavoratore anche dai pericoli derivanti da sua colpa e solo in presenza di un comportamento abnorme del lavoratore si può escludere il nesso di causalità; un comportamento abnorme è solo quello posto in essere in un ambito estraneo alle mansioni che gli sono affidate oppure, se rientrante in tali mansioni, è quello che sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano da qualunque ipotizzabile condotta imprudente.
Vale solo aggiungere che costituisce un principio consolidato anche quello per cui la responsabilità del costruttore della macchina non fa venir meno quella del datore di lavoro che faccia utilizzare un macchinario non a norma, in quanto egli è tenuto a verificare preventivamente la regolarità e sicurezza della macchina che affida ai propri dipendenti ed a formare questi ultimi in proposito. Ma, nella specie, il datore di lavoro/titolare dell’azienda era proprio il soggetto deceduto.