Non tutte le norme di prevenzione tutelano lavoratori e terzi
Molto spesso capita di leggere pronunce giurisprudenziali che affermano che le norme di prevenzione tutelano sia i lavoratori che i terzi che legittimamente vengano a contatto con i luoghi di lavoro; nel caso di infortunio, mortale o meno che sia, è quindi frequente vedere contestata e riconosciuta l’aggravante connessa alla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro anche quando il soggetto infortunatosi non è un lavoratore ma, ad esempio, un fornitore, un cliente, un utente, ecc.
Ecco invece che un importante distinguo viene operato dalla sentenza della Cassazione Penale, sezione IV, 19 dicembre 2019, n. 51142 (udienza del 12 novembre 2019) che, con riferimento ad un evento di folgorazione di un vigile del fuoco a causa della presenza di una linea elettrica in cattivo stato di manutenzione, ha escluso la configurazione dell’aggravante in parola, proprio perché l’infortunato non lavorava per il datore di lavoro tenuto a garantire la sicurezza.
Ecco dunque la vicenda processuale. L’infortunio occorso al vigile del fuoco, facente parte di una squadra di vigili del fuoco che era intervenuta per domare un incendio di sterpaglie, derivava, secondo la contestazione (artt. 113, 590 comma 2 e 3 in relazione all’art. 583 cod. pen. e artt. 15,17,18,28 comma 1, 37, 64, 71 comma 1,2 lett. a-c, 4 lett. a, punti 1-2, del d.lgs. n.81/2008), da comportamenti di colpa generica e specifica attribuiti al dirigente responsabile per la zona interessata di Enel distribuzione s.p.a. e al responsabile dell’unità operativa Enel distribuzione della zona, i quali, nelle rispettive qualità, avevano omesso di adottare le misure necessarie affinchè la linea elettrica di Enel distribuzione, in esercizio nei luoghi interessati dall’incendio, a media tensione, fosse mantenuta in buono stato di conservazione e sottoposta a continui e ravvicinati controlli, al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza. Era accaduto allora che un conduttore nudo dell’Enel, a causa della rottura dell’asola di un ponticello sovrastante il palo di sostegno, si era inarcato sino a giungere ad altezza d’uomo al centro della campata, così venendo in contatto con il vigile del fuoco, che veniva interessato da una folgorazione violenta, riportando lesioni gravissime mentre si stava recando ad effettuare lo spegnimento dell’incendio di sterpaglie.
La contestazione elevata individuava la posizione di garanzia a carico degli imputati poiché, nelle rispettive qualità, avevano l’obbligo giuridico di impedire l’evento, in quanto nella linea in questione era stata rinvenuta una situazione di incuria, con un sistema di manutenzione inadeguato e non sufficiente ad evitare situazioni di pericolo; si ravvisava quindi la violazione dei generici e specifici doveri valevoli erga omnes che attengono al titolare dell’impresa, nella specie riguardanti la messa in sicurezza e gestione degli impianti di rete elettrica, quale luogo di lavoro, in particolare per non aver posto in essere gli adeguati strumenti tecnici per il ripristino della corretta allocazione del conduttore elettrico molto distante dalla posizione prescritta e volta ad evitare incidenti.
Gli imputati erano condannati in primo grado ed assolti in secondo e la Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso della parte civile, si soffermava sulla delicata questione dell’individuazione dei destinatari delle norme di prevenzione e della conseguente configurabilità dell’aggravante relativa alla violazione di tale genere di norme.
Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione in tema di omicidio e lesioni colpose, per la ravvisabilità della circostanza del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sufficiente che sussista legame causale tra siffatta violazione e l’evento dannoso; legame che ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse, secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 cod. pen., senza che possa ritenersi escluso sol perché il soggetto leso non sia un dipendente (o equiparato) dell’imprenditore, obbligato al rispetto di tali norme. Ne consegue che deve ravvisarsi l’aggravante di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590, ultimo comma cod. pen., purché la presenza di tale soggetto sul luogo e nel momento dell’infortunio, nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi ( tra le ultime, Cass., sez. IV, .n. 38200 del 12/05/2016).
Ma costituisce pure un profilo essenziale della responsabilità colposa nei reati di evento la circostanza che l’evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata intende prevenire ed evitare (tra le ultime, Cass.,sez. IV, n. 43645 del 11/10/2011).
Invero, come è noto, l’essenza della responsabilità colposa consiste proprio nella prevedibilità dell’evento dannoso e nella sua evitabilità attraverso il rispetto delle norme di cautela. Ma alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello riconducibile causalmente alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. A tal fine è necessario valutare se il rispetto della regola vietata avrebbe evitato l’evento con certezza ovvero con alto grado di probabilità. In ciò consiste la cd. “causalità della colpa”, laddove la violazione della regola cautelare determina la concretizzazione del rischio che essa mirava a prevenire.
Ebbene, sulla base di tali premesse, la Corte ha osservato che nel caso sottoposto al suo esame l’evento verificatosi non concretizzava il rischio a fronteggiare il quale era posto il dovere di sicurezza, gravante sui responsabili Enel distribuzione, specificato nell’art. 64 del d.lgs n.81 del 2008 e contestato nell’imputazione.
La Corte ha ribadito nella propria motivazione principi ormai consolidati: che il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro per tutti i soggetti che prestano la loro opera nell’impresa, senza distinguere tra lavoratori subordinati e persone estranee all’ambito imprenditoriale; che in tema di omicidio colposo ricorre l’aggravante della violazione di norme antinfortunistiche anche quando la vittima è persona estranea all’impresa, in quanto l’imprenditore assume una posizione di garanzia in ordine alla sicurezza degli impianti non solo nei confronti dei lavoratori subordinati o dei soggetti a questi equiparati, ma altresì nei riguardi di tutti coloro che possono comunque venire a contatto o trovarsi ad operare nell’area della loro operatività; che in materia di infortuni sul lavoro l’imprenditore assume la posizione di garante della sicurezza degli impianti non solo nei confronti dei lavoratori subordinati e dei soggetti a questi equiparati, ma anche nei confronti delle persone che – pur estranee all’ambito imprenditoriale – vengano comunque ad operare nel campo funzionale dell’imprenditore medesimo.
La Corte ha però voluto sottolineare che mentre talune regole prevenzionistiche sono dettate a tutela di qualsiasi soggetto che venga a contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione, altre sono invece poste a beneficio precipuo del lavoratore, inteso in senso formale e sostanziale. Nel primo caso la qualità di extraneus, non è di per sè incompatibile con l’esistenza di un protettivo dovere di sicurezza facente capo al datore di lavoro.
Ma i giudici hanno pure osservato che nel caso di specie l’analisi delle precauzioni inosservate dai responsabili Enel, di cui al citato art. 64 lett.c del d.lgs n.81 del 2008, inserito nel titolo II, dedicato ai luoghi di lavoro, evidenziava che la regola cautelare riguarda gli impianti, nell’ambito dei quali possono dirsi ricompresi la linea elettrica e i relativi dispositivi, e prevede che devono essere sottoposti a regolare manutenzione tecnica e che vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori: si tratta – ha osservato la Corte – di regole che impongono misure soggettive, che valgono ad eliminare i rischi derivanti dalle condizioni di pericolo per i lavoratori. Ciò è avvalorato, secondo la Corte, anche dalla lettura sistematica dell’art. 62 del d.lgs n.81/2008, che definisce i luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del titolo II, come luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito de! proprio lavoro. Il rischio che si vuole fronteggiare non è quindi anche quello cui è esposto l’estraneo: si tratta di una misura precauzionale che si indirizza unicamente alla salute dei lavoratori, non invece a quanti possono trovarsi a percorrere le aree sottostanti o prospicienti una qualsiasi parte della linea elettrica nazionale.
Sia consentito però osservare che nella fattispecie oggetto del giudizio in commento l’impianto era collocato necessariamente in una zona accessibile ad una pluralità di soggetti, non solo dunque ai lavoratori dell’Enel, e che l’intervento dei vigili del fuoco non può acriversi al novero degli eventi imponderabili ed imprevedibili, posto che le caratteristiche della zona (boscaglie) non consentivano di qualificare come accadimento eccezionale ed anomalo il verificarsi di un incendio. La struttura del ragionamento della Corte non pare pertanto, se rapportata al caso concreto, totalmente condivisibile, posto che la sicurezza dell’impianto, normativamente imposta, non poteva che rivolgersi a beneficio di lavoratori e di terzi.