Un esempio concreto di rischio eccentrico ed abnorme
Un lavoratore stava effettuando operazioni di trinciatura su parte del terreno dell’azienda agricola, utilizzando un trattore con annessa macchina trinciatrice su un terreno erboso non lavorato da diverso tempo e non precedentemente ripulito; durante le operazioni di taglio dell’erba un filamento metallico, presente sul terreno, si avvolgeva al rotore della trinciatrice ed una particella, dopo essersi spezzata, era proiettata in alto ed in avanti verso il posto guida del trattore e colpiva il dipendente all’altezza dell’occhio destro, penetrando in profondità e provocando un’emorragia celebrare che ne determinava il decesso.
Era contestata la responsabilità del datore di lavoro per colpa generica e per non avere effettuato la corretta valutazione dei rischi e del pericolo presenti sul luogo di lavoro mediante apposito sopralluogo e non avere quindi individuato le misure di prevenzione in modo da pianificare la bonifica del terreno, prima che sullo stesso fosse svolta qualsivoglia attività, nonché per avere omesso di scegliere attrezzature da lavoro appropriate alla lavorazione da effettuare, in modo tale da eliminare il rischio.
Nel giudizio di primo grado si accertava che il terreno in questione non aveva formato oggetto di falciatura da molti anni e che su di esso erano disseminati residui di metallo riconducibili a strutture in cemento armato disgregate e pezzi di calcestruzzo di discrete dimensioni. Secondo il Tribunale, il compimento di un sopralluogo preventivo, finalizzato a valutare l’effettiva conformazione dei luoghi e ad una ripulitura o bonifica preliminare atta all’eliminazione di eventuale materiale ferroso, lo svolgimento di un’adeguata formazione del lavoratore sulla natura delle operazioni da espletare e sui rischi connessi, la predisposizione di cautele e di attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ed idonee ai fini della sicurezza e della salute del dipendente, la vigilanza del datore di lavoro sull’esecuzione dell’opera costituivano condotte che, se adottate dal datore di lavoro, avrebbero impedito la verificazione dell’evento lesivo.
La responsabilità del datore di lavoro non poteva essere esclusa, secondo il Tribunale, dal concorrente comportamento del lavoratore, in base al noto principio per cui le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, avendo lo scopo di impedire l’insorgere di pericoli, anche se eventuali e remoti, sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti derivanti da un suo comportamento colposo e dei quali, conseguentemente, l’imprenditore è chiamato a rispondere per il semplice fatto del mancato apprestamento delle idonee misure protettive, pure in presenza di condotta imprevidente e negligente del lavoratore.
La Corte di appello confermava tale assunto, ritenendo che il comportamento del lavoratore non fosse abnorme, perché aveva deciso di utilizzare uno strumento adatto alla lavorazione affidatagli.
Nella sentenza conclusiva del giudizio (Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2021, n. 33976) il ragionamento è partito dal consolidato principio per cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro. In altre parole, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. E perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.
Facendo applicazione di tali principi al caso posto al suo esame, la Corte è peraltro pervenuta a ribaltare le conclusioni dei giudici di merito.Va premesso che il datore di lavoro e il lavoratore avevano preventivamente svolto un sopralluogo nell’appezzamento di terreno, al fine di stabilire le modalità di esecuzione dell’intervento di ripulitura; constatata l’elevata altezza dell’erba, i due avevano concordato di eseguire tale lavorazione mediante un macchinario presente in azienda, che permette il taglio verticale del terreno in profondità (anche fino ad un metro), senza comportare il rimescolamento degli strati del terreno; esso, infatti, trainato da un trattore, essendo munito di zanne che si infilano nel terreno, avrebbe predisposto lo stesso ad una migliore falciatura delle erbe, ripulendo il terreno anche da eventuali materiali inerti. Il lavoratore infortunatosi, dipendente capace ed affidabile, tanto da trovarsi in posizione preminente rispetto agli altri operai, solo mezz’ora prima dell’evento letale, di sua iniziativa e senza avvertire il datore di lavoro, si rivolgeva al vicino, chiedendogli in prestito una trinciatrice, macchina agricola trasportata e messa in movimento da un trattore usata per abbattere e triturare residui vegetali (erba incolta, residui di coltivazione), non disponibile in azienda.La trinciatrice è progettata e costruita per lavorare su un terreno agrario/vegetale, cioè libero da materiale metallico del tipo di quello ritrovato sul terreno nel quale è avvenuto l’infortunio.
L’eccessiva potenza della trinciatrice comportava il tranciamento del filo metallico e la sua espulsione ad elevatissima velocità, mentre il diverso attrezzo, non impiegato, pulisce il terreno con una azione di rastrellamento, per cui non avrebbe potuto provocare la situazione di rischio che aveva determinato l’evento. L’oggetto esterno, proveniente presumibilmente dagli ingranaggi della trinciatrice, attingeva il lavoratore all’occhio destro e cagionava l’emorragia che poi provocava la morte.
La Corte ha osservato che effettivamente incombe sul datore di lavoro il compito di vigilare, anche mediante la nomina di un preposto, sulle modalità di svolgimento del lavoro, in modo da garantire la corretta osservanza delle disposizioni atte a prevenire infortuni sul lavoro, in quanto il datore di lavoro deve vigilare per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori. Ma nel caso in esameil datore di lavoro era del tutto impossibilitato a prevedere la pericolosità del macchinario adoperato dal lavoratore, perché aveva condiviso assieme a quest’ultimo la scelta di uno di tipologia del tutto diversa.Né il datore di lavoro poteva immaginare che il lavoratore avrebbe adoperato,senza il suo consenso, un macchinario (la trinciatrice), di potenza tale da determinare l’espulsione di detriti e di corpi metallici ad elevata velocità. In tema di sicurezza sui luoghi di lavoro, l’obbligo di formazione e informazione gravante sul datore di lavoro riguarda tutti i rischi presenti nel luogo di lavoro, anche non specificamente connessi alle mansioni affidate ai lavoratori, ma non le attività eccentriche rispetto a quelle proprie di quel tipo e luogo di lavoro.
Il datore di lavoro aveva svolto un’adeguata analisi ed una corretta valutazione del rischio. In ogni caso, la valutazione del rischio – ha osservato la Corte – non ha natura direttamente cautelare, sicché dalla sua mancanza o inadeguatezza non può farsi discendere automaticamente l’addebito colposo in relazione ad uno specifico evento lesivo; il rimprovero può essere mosso solo quando l’inadempimento abbia concretamente impedito l’apprestamento di uno strumentario cautelare, che avrebbe evitato l’infortunio. Nel caso di specie il datore di lavoro aveva ragionevolmente escluso da ogni valutazione la possibilità di utilizzo di un macchinario imprevisto, più potente, diverso da quello stabilito e non disponibile in azienda. La lavorazione era stata programmata mediante l’uso di macchinario adeguato e non della trinciatrice, ma la repentina ed inaspettata decisione del dipendente di modificare le modalità di intervento aveva totalmente stravolto la valutazione del rischio correttamente operata dal datore di lavoro.E dunque, l’utilizzazione di un macchinario pericoloso per il tipo di terreno su cui operare, diverso da quello concordato, acquisito solo pochissimo tempo prima della lavorazione e all’insaputa del datore di lavoro, da parte di un dipendente di notevole esperienza, costituivano fattori – complessivamente considerati – di natura eccezionale ed imprevedibile, frutto di un’iniziativa autonoma, che si svolgeva in un ambito del tutto eccentrico rispetto alle mansioni affidate e che introduceva un rischio nuovo non preventivabile ed evitabile.La natura abnorme della condotta del lavoratore, pertanto, interrompeva il rapporto di causalità tra le omissioni contestate nell’imputazione e l’evento mortale.